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LA CONDANNA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 aprile 1994
 
di Marco Bellocchio, con Vittorio Mezzogiorno, Claire Nebout, Andrzej Seweryn, Grazyna Szapolowska (Italia, 1991)
 

Il potere sovversivo dell'amore, l'opposizione irrazionale della passione - ai confini della follia - nei confronti del conformismo e della violenza: sono i temi che hanno marcato da sempre l'opera dell'autore de I PUGNI IN TASCA. Nessuna meraviglia quindi se, cinque anni dopo uno dei suoi maggiori successi, DIAVOLO IN CORPO, Marco Bellocchio abbia sentito la necessità di tornare sull'argomento. In un film che appare solo ora sui nostri schermi, e che con quello ha più di un rapporto: psicanalitico innanzitutto, verrebbe da dire. Se non fosse che ci porterebbe in un discorso sull'ormai famosa interdipendenza fra il regista italiano ed il proprio psicanalista-guru Massimo Fagioli (come non bastasse, co-autore della sceneggiatura) che ha ormai fatto il suo tempo.

Violenza, sopraffazione, e desiderio: quali sono i loro veri confini? Per Bellocchio (se il discorso dei personaggi ha quella chiarezza che non sempre contraddistingue il suo film) il rapporto sessuale si fonda su un'incoscienza, una follia che trascende le leggi. Quelle del desiderio, perlomeno; che le altre si sforzano di seguire itinerari più razionali.

Ed allora: il professor Vittorio Mezzogiorno ha esercitato si o no violenza su Claire Nebout, lasciandosi rinchiudere con lei per tutta una notte in un museo, del quale possedeva la chiavi? Poiché il momento culminante di questa eventuale violenza non è mostrato, lo spettatore assiste al processo che segue con curiostà legittima. Inutilmente: chè Bellocchio non vuole, o forse non può rispondere. E sposta il film sulla figura del procuratore pubblico, oltremodo turbato dal dibattito in corso, poiché in crisi nei rapporti più intimi con la propria compagna.

Il film è allora come spaccato in due: quando si affida alle immagini (la lunga notte nelle salle semioscure del museo: il languore teatrale, allusivo dell'ambiente che si riflette sulla gestualità degli attori, nella loro fisicità sfrontata ed al tempo stesso emblematica) ci ricorda che Bellocchio è stato, dopo un esordio di sogno, un manipolatore d'immagini fra i più interessanti ed anche poetici degli anni 70-80. Quando si affanna a dimostrare, a spiegare, allora LA CONDANA si fa insopportabilmente saccente, velleitariamente didattico.

Il cinema di Bellocchio è proprio come quel desiderio sessuale che s'intestardisce a voler analizzare dai tempi delle famose scene con Maruscka Detmers: meglio lasciarlo agli abbandoni ed alle ispirazioni del momento. Alla follia ed alla grazia, che troppe, incompetenti spiegazioni arrischiano soltanto di annichilire.


   Il film in Internet (Google)

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